Sci: Speranza posticipa l’apertura al 5 marzo dopo il parere contrario del Cts

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Dopo il secco no del Cts, Comitato Tecnico Scientifico, il ministro della Salute Roberto Speranza ha optato per posticipare la riapertura delle piste sciistiche al prossimo 5 marzo. Gli impianti in tutta la Lombardia erano pronti per riaprire e per accogliere le migliaia di persone che non vedono l’ora di rimettere gli scii ai piedi, pur nella consapevolezza di rispettare le norme anti contagio e il rispetto delle regole “imposte”dal Governo per tutelare la salute di ogni singolo cittadino.

Alla fine è prevalsa la linea più intransigente: le piste da sci in Lombardia non riapriranno fino al 5 marzo 2021.

Non ci resta che aspettare e mettere gli scarponi da sci al caldo per le prossime riaperture, sempre incerte ma necessarie per evitare l’aggravarsi della situazione epidemiologica.

Domenica 14 febbraio 2021

Covid rallenta ancora lo sci: stop dal Cts “Non ci sono ancora le condizioni”

La trepida attesa di sciatori e sciatrice pronti a rimettere gli scarponi ai piedi potrebbe risultare vana e illusoria. A partire da domani, lunedì 15 febbraio, dovrebbero riaprire le piste da sci in Lombardia, ma la situazione non è ancora delle migliori.

Il Cts, Comitato tecnico scientifico, non è favorevole alla riapertura degli impianti sciistici alla luce delle mutate condizioni epidemiologiche e la diffusione della pandemia legata al Covid-19 tuttora in corso. Ora la palla passa al ministro della Salute Roberto Speranza che dovrà in primis rivalutare la situazione per capire se ci sono ancora i presupposti per riaprire.

Non ci resta che aspettare la decisione del Governo per capire se gli amanti dello sci e della montagna potranno essere “accontentati” per poter tornare sulle amate piste da sci.

La nuova analisi del Comitato tecnico scientifico, come riporta il giornale online Open, arriva dallo studio condotto dagli esperti dell’Istituto superiore di sanità, del ministero della Salute e della Fondazione Bruno Kessler proprio sulla diffusione delle varianti: in 16 regioni e province autonome rivela la presenza delle varianti nell’88% delle regioni esaminate, con percentuali comprese tra lo 0 il 59%.

Seguiranno i dovuti aggiornamenti.

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