L’Isola Comacina – crocevia culturale fra Italia e Belgio – un viaggio nella storia e nella cultura fra antico e moderno

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Nel 2020 ricorre il centenario della donazione dell’Isola Comacina da parte di re Alberto I del Belgio all’Italia ma, proprio quest’anno, per il quale da tempo tutta la Tremezzina si era preparata a celebrare la ricorrenza con una serie di eventi coordinati, quasi certamente non si potrà tenere nemmeno la tradizionale festa di San Giovanni. L’attuale emergenza sanitaria, anche se un poco allentata, ne impedirà l’attuazione secondo la tradizione. Questa sagra, che da tempo immemorabile si tiene nell’unica isola del Lago di Como, ha radici antichissime. Possiede un profondo carattere religioso che la anima e che dalla cultura pagana, trasformandola, l’ha trasposta in quella cristiana, rievocando simbolicamente la celebrazione solstiziale di giugno; ma nonostante ciò, la principale caratteristica dei festeggiamenti, ricordata maggiormente, è quella dell’uso dei “Lumaghitt”, una luminaria realizzata facendo ardere olio da lucerna nei gusci vuoti della lumache. Tradizione, questa, invalsa in correlazione con la consuetudine gastronomica, non solo comasca, di consumare pietanze a base di lumache secondo molte ricette, proprio in questo periodo in cui esse abbondano favorite dal clima.

Ma “non si vive di sole lumache” e va ricordato che su questa isola, nel 1169 rasa al suolo dai Comaschi perché alleata di Milano nella guerra contro Como stessa, volendo esorcizzare la “maledizione” che da allora imponeva di non edificare né dormire sul suo territorio, nel 1920 fu avviato un progetto di case di abitazione per gli artisti. Questo avvenne proprio quando l’isola, lasciata in eredità da Augusto Caprani (l’allora proprietario) al re del Belgio e da questi venne successivamente donata allo Stato italiano per essere poi affidata all’Accademia di Brera. Gli edifici vennero finiti nel 1940, con un recupero dell’architettura vernacolare riletta in stile razionalista dall’architetto Pietro Lingeri, incaricato del progetto nel 1933. Le case, immaginate già dal re del Belgio per favorire gli scambi culturali fra le due nazioni, hanno ospitato, per brevi periodi estivi, artisti italiani e belgi. Fra questi ultimi ho conosciuto e ospitato a mia volta Jean Raine, componente del gruppo CoBrA [1927 Schaerbeek (Bruxelles) – 1986 Lione] che vi soggiornò in viaggio di nozze. La storia della sua avventura artistica e l’archivio delle opere sono in . Pittore, poeta, autore di film sperimentali, Jean Raine tra il 1949 ed il 1951 incontra esponenti del Movimento Surrealista di Parigi tra i quali Breton e gira con Mabille il suo primo film; collabora a tutti i numeri della rivista fondata dal gruppo CoBrA fino allo scioglimento del gruppo stesso. A Wout Hoeboer artista DaDa, invece vi ho fatto da cicerone in occasione di una sua visita, quando fu presentata una sua ampia antologica a Como. Di lui, nato a Rotterdam nel 1910 ma cittadino Belga dal 1933, nel 2019 si è tenuta una grande retrospettiva al Mu ZEE, museo d’arte di Ostenda specializzato in arte belga da 1830 ad oggi. Il motto che ha sempre improntato la poetica artistica di Wout è “Je vis ça me suffit” e la dice lunga sulla sua amabilità e filosofia di vita. Ho colto invece l’occasione per pranzare alla Locanda dell’isola, gestita allora dal famoso “Cotoletta”, con Jean Triffez che negli anni settanta abitava di fronte a casa mia a Fino Mornasco. Jean, artista belga (Houdeng Goegnes (Hainaut) 1931 – Roma 1983), in “Future of Surrealism” della Yale University Press (2015) viene definito dall’autore, Gavin Parkinson come uno degli esponenti del “realismo fantastico”, collaboratore della rivista Planéte nel 1963 a fianco di Jorge Luis Borges e un giovanissimo Pierre Restany oltre che ai Nouveaux Réalistes. Era un personaggio veramente singolare e disponibile, e mi ricordo che si entusiasmò particolarmente per il connubio simbolico di fuoco e acqua praticato nell’ambito della sagra di San Giovanni: “Una vera rappresentazione teatrale alchemica!” ebbe a definirla, tracciandone un parallelo con i contenuti ermetici espressi in tutte le sue opere. Pourbaix era il suo vero cognome mentre Triffez ne fu sempre lo pseudonimo artistico, ripreso per analogia proprio dal padre dell’Ermetismo Ermete Trismegisto (NDR – Ἑρμῆς ὁ Τρισμέγιστος, in latino Mercurius ter Maximus – tradizionalmente ritenuto l’autore del Corpus Hermeticum).

Michele Caldarelli – maggio 2020

Michele Caldarelli (Milano 1950) laureato in Architettura, giornalista, storico, semiologo e critico d’arte, dal 1977 dirige la galleria d’arte “Il Salotto” attiva a Como dal 1965. L’interdisciplinarità, con una predilezione per il rapporto arte-scienza, è il filo conduttore di più di un centinaio di mostre da lui curate in Italia, Europa, Stati Uniti e Sud America, per musei, università e istituzioni culturali. È responsabile del sito Internet www.caldarelli.it da lui creato nel 1996. Ha ideato e realizzato svariate pubblicazioni e libri d’artista tra cui i 60 titoli della collezione di minilibri “Minima Poetica” e la nuova collezione “8×8” costituita da inediti racconti, saggi filosofici, viaggi immaginari e manuali di sopravvivenza intellettuale.

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