Festival de la Cazoeula, come votare: riparte la sfida degli chef brianzoli

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Ogni anno dal 2013, per due interi mesi, gli chef brianzoli si sfidano per aggiudicarsi l’ambito trofeo CAZOEULA D’ORO e siamo arrivati alla edizione numero 12. La cazoeula o cazzoeula (com’è d’uso chiamarla a Cantù ed in buona parte della Brianza) o casoeula o cassoeula (com’è invece d’uso nel milanese) è il più tipico dei piatti brianzoli, oggi diffuso, in diverse varianti, in buona parte della Lombardia.

Le sue origini, risalenti nel tempo, affondano le proprie radici nelle tradizioni culinarie invernali delle famiglie contadine brianzole.

Il vincitore del 2023 e è andato in provincia di Lecco: ad aggiudicarsi il titolo per la miglior Cazoeula 2023 la Trattoria Maurizi di Nibionno (Lecco). Adesso gli chef tornano in gara per il titolo del 2024.

Il Festival

A partire dal giorno di Sant’Antonio (17 gennaio) e per due interi mesi, gli chef brianzoli si sfidano per aggiudicarsi l’ambito trofeo CAZOEULA D’ORO attribuito alla miglior cazoeula dell’anno, valutata sulla base dell’insindacabile giudizio della giuria popolare e di quella tecnica, composta da chef dell’Associazione Cuochi della Provincia di Como, Lecco e Monza Brianza e da giornalisti di settore. i ristoranti in gara sono 50 (questo il link con tutti i partecipanti)

Come partecipare

Per partecipare vai al sito ufficiale del Festival e tramite la mappa scegli il ristorante dove vuoi andare tra i moltissimi partecipanti (qui il link). Potrai poi esprimere il tuo voto tramite la scheda da compilare, selezionando il ristorante dove sei andato e votando da 1 a 10 (qui il link)

Lo scopo

Il festival si propone di preservare e valorizzare la tradizione di questo nostro succulento e gustosissimo piatto a base di verze, costine e cotenne, un piatto che per noi brianzoli è qualcosa di più di una semplice pietanza, rappresentando un vero e proprio fondamento di riconoscimento identitario locale (non a caso, la cazoeula non si mangia da soli ma in compagnia, innaffiata da una buona barbera o una buona bonarda, entrambe rigorosamente dell’Oltrepo Pavese).

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