Senza fissa dimora, Nessi: “La verità è che con gli slogan non si risolvono i problemi”

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La dichiarazione effettuata sulla questione dei senza fissa dimora da Vittorio Nessi, ex magistrato, scrittore e ora consigliere comunale di Svolta Civica.

” Recenti interventi, privi di concrete e tangibili proposte e dettati da una perenne campagna elettorale che specula sui “senza dimora”, ci inducono a tornare con parole forti e chiare su un tema di grandissima attualità.

L’apertura, seppur tardiva, di un dormitorio in via Borgo Vico, grazie all’intervento diretto dell’Amministrazione Provinciale, è un primo passo per affrontare un problema gravoso e complesso, che non potrà essere risolto con quest’unica iniziativa.

Il dormitorio è necessario, ma da qui occorre proseguire.

Qualcuno, ha superficialmente sostenuto che la rigorosa applicazione delle sanzioni contenute nel nuovo regolamento di polizia locale sarebbero state in grado di risolvere l’intollerabile stato del portico di san Francesco, ignorando che le ammende previste e le deboli misure coercitive nulla potrebbero nei confronti di persone che risulterebbero, per ovvi motivi, indifferenti a minacce di questo tipo.

È stato persino proposto di portare i senza dimora in Vescovado, mettendo in tal modo le autorità ecclesiastiche nelle condizioni di farsene carico (come se non fosse già la Chiesa comasca il soggetto sicuramente più attivo nell’aiuto a questa categoria di persone).

Si tratta di un’insensata propaganda che dimostra, in ultima analisi, di non tenere in nessun conto la soluzione del problema.

Le facili frasi del tipo: “Li ributteremo sui treni” rappresentano un banale tentativo di buttare fumo negli occhi della gente, cercando consenso tra chi vive un sentimento di frustrazione e di timore.

La verità è che con gli slogan non si risolvono i problemi.

L’abbiamo visto tutti, del resto.

Si pensi che l’uomo politico che maggiormente si è esposto sul tema, nell’arco di un anno di governo è riuscito ad espellere un numero di clandestini addirittura inferiore al ministro dell’Interno che lo aveva preceduto.

Si gioca anche sul fatto che il termine clandestino coincida con quello di delinquente. Basterebbe ricordare le recenti devastanti immagini di quella povera madre sul gommone e tra le onde, certamente una clandestina, che urla alla disperata ricerca del corpo del figlioletto scomparso nelle acque per capire come l’affermazione sia infondata e, ancora una volta, tragicamente superficiale.

Sul nostro territorio giungono e giungeranno clandestini buoni e meno buoni.

Stiamo parlando di persone, non di categorie e abbiamo il dovere, nei loro confronti e nei confronti della comunità che rappresentiamo, di porci il problema della loro gestione e le soluzioni non potranno essere che quelle ispirate dalla severità per chi viola la legge e dell’umanità per gli altri.

Non possiamo permetterci di dimenticare e ignorare il patrimonio di valori che permea la nostra Costituzione e che costituisce una garanzia anche per noi cittadini.

Che fare, quindi, nel nostro piccolo?

Ecco un breve decalogo che Svolta Civica intende suggerire:

  1. Prendere in carico il problema;
  2. Non negare la complessità del fenomeno e non promettere soluzioni inattuabili;
  3. Impostare un progetto d’intesa con il volontariato che preveda uomini, mezzi e investimenti;
  4. Prevedere progetti integrati di lungo periodo con attenzione alle diverse problematiche e in termini di prossimità;
  5. Prendersi carico dei problemi psichiatrici e delle dipendenze di chi vive sul nostro territorio;
  6. Investire su interventi di II livello per le persone che hanno bisogno di reinserimento sociale;
  7. Prevedere per i cosiddetti irriducibili accoglienze di bassa soglia finalizzati alla riduzione del danno mediante accessibilità ai servizi e rapporti informali con gli operatori;
  8. Richiedere e utilizzare finanziamenti statali;
  9. Coadiuvare le forze di polizia nell’espulsione dei clandestini che si rendono responsabili di reati;
  10. In attesa della definizione dei procedimenti di verifica del diritto a rimanere sul territorio italiano e dell’esito delle procedure di espulsione, dare risposta ai bisogni primari di tutte le persone (cibo, salute, emergenze) a prescindere dalla loro regolare presenza.

Si può fare?

Quattro anni fa l’amministrazione Lucini si trovò ad affrontare una situazione ben più grave dello stazionamento sotto i portici di San Francesco.

Nel giro di qualche mese la situazione venne gestita nel rispetto della legalità e dell’umanità.

Sappiamo tutti che siamo di fronte a un problema complesso, che, probabilmente, non contempla una soluzione definitiva e che necessiterà di fermezza, ma anche di pazienza e tolleranza.

Pensando ancora a quella madre disperata tra le onde, non dimentichiamo ciò che scrisse Primo Levi nella poesia “Se questo è un uomo”: “Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore; meditate che questo è stato, scolpitelo nel cuore coricandovi, alzandovi, ripetetelo ai vostri figli” “.

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