Angela, ultimo anno magistrale di comunicazione nuovi media, racconta la propria esperienza con la DAD.
Cosa è cambiato da quando c’è la didattica a distanza?
La modalità delle lezioni come prima cosa. Prima erano estremamente interattive, interventi continui, domande e idee. Ora sono lezioni piatte e frontali.
Certo, alcuni professori tentano di farci partecipare chiedendoci opinioni o facendoci domande, ma a distanza mancano gli stimoli per farlo.
Mantenere l’attenzione di fronte ad uno schermo, per ore e ore è complesso, non tutte le lezioni poi sono particolarmente interessanti e a casa si finisce molto spesso per guardarsi intorno.
Non hai trovato aspetti positivi?
In realtà si, essendo una pendolare all’inizio l’avevo vissuta benissimo. Risparmio sia di soldi che di tempo.
All’inizio dell’anno, l’università aveva adottato un sistema misto di DAD e presenza e di mia spontanea volontà avevo scelto la DAD. Ma quando si poteva uscire la didattica a distanza la vivevi con molta più serenità. Da reclusi è sinceramente insostenibile.
Come ti sembrano i professori?
Li vedo spesso andare da un estremo all’altro. Da una parte sono estremamente disponibili e comprensivi, dall’altra hanno aumentato sensibilmente il carico di lavoro con la scusa “tanto siete a casa”.
Io studio comunicazione, implica spesso la produzione di materiale audio e video, più di un filmino casalingo cosa posso consegnare?
Poi comunque in generale sono chiaramente tristi. Si vede che sentono la nostra mancanza.
Che futuro pensi possa avere la DAD?
Per me il sistema misto dovrebbe essere mantenuto. Lascerebbe a chi non abita vicino all’università la possibilità di partecipare alle lezioni nonostante eventuali problemi e non costringerebbe le persone a trasferirsi in un’altra città.
So che esistono università che già applicano questo metodo. Alcune cambiano perfino la retta in base alle modalità di partecipazione delle lezioni.
Favorirebbe molto anche la possibilità di studiare e lavorare in contemporanea.