Nuova ricerca dell’Insubria sul Long Covid: ictus e infarto tra gli effetti del virus

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Gli effetti a medio e lungo termine del Covid-19 sono oggetto di intenso interesse da parte della letteratura scientifica. Negli ultimi mesi, diversi contributi scientifici hanno dimostrato che l’ipertensione arteriosa di nuova insorgenza è una sequela (Long Covid) dell’infezione da SARS-CoV-2.

Su questo tema è stata pubblicata nella sezione «Clinical Insights» della rivistaEuropean Journal of Internal Medicine (https://authors.elsevier.com/sd/article/S0953-6205(23)00371-0) una nuova analisi del gruppo di studio dell’Università dell’Insubria. Il gruppo è coordinato dal professor Fabio Angeli, docente di Malattie dell’apparato cardiovascolare del Dipartimento di Medicina e innovazione tecnologica e direttore della Medicina e della Cardiologia Riabilitativa dell’Irccs Maugeri di Tradate, che ha firmato l’articolo con Martina Zappa, biotecnologa dell’Insubria, e Paolo Verdecchia, ricercatore cardiovascolare di Perugia.

Lo studio sul Long Covid

Lo studio dell’Università dell’Insubria ha spiegato le dimensioni del problema e i meccanismi responsabili. Analizzando i dati da grandi database per un totale di quasi un milione di individui, i ricercatori hanno evidenziato che l’insorgenza di valori pressori superiori alla norma interessa il 9% dei soggetti colpiti da Covid-19 (quasi il doppio dell’incidenza osservata nella popolazione non colpita dall’infezione). In altre parole, 9 soggetti su 100 con Covid-19 svilupperanno nei mesi successivi alla fase acuta dell’infezione abnormi livelli di pressione arteriosa.

«In considerazione dell’elevato numero di infezioni da SARS-CoV-2 che si registra su scala mondiale, l’insorgenza di uno stato ipertensivo dopo l’infezione è una delle sequele più allarmanti in termini epidemiologici – commenta Fabio Angeli – anche perché espone i soggetti colpiti da questo fenomeno ad un aumentato rischio di eventi cardiovascolari come l’ictus e l’infarto».

Fabio Angeli, Martina Zappa e Paolo Verdecchia sono autori di altri importanti articoli che spiegano come il Covid-19 generi complicanze cardiovascolari; nel nuovo lavoro chiamano in causa gli effetti dei frammenti del virus che, permanendo per mesi nel nostro organismo dopo l’infezione acuta, alterano le capacità dei nostri meccanismi regolatori.

Conclude il professor Angeli: «Questi frammenti, tra cui le proteine spike, interagiscono con i recettori delle nostre cellule implicati nella regolazione della pressione arteriosa e ne provocano la paralisi, con conseguente sviluppo di ipertensione arteriosa; questo fenomeno, poi, è potenzialmente destinato a crescere ulteriormente nel tempo perché le nuove varianti, rispetto le precedenti, sono più adesive ai nostri recettori e sono caratterizzate da una ancor più spiccata capacità di paralizzarli. Uno screening per verificare i valori di pressione arteriosa nei mesi seguenti l’infezione ed eventualmente ridurli con la terapia per evitare eventi cardiovascolari è oggi una delle priorità della cardiologia preventiva e merita appropriati e specifici percorsi e risorse».

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