Quando pensiamo al maltrattamento animale alla nostra mente riaffiorano le immagini che spesso si trovano in tv o sui social media di animali picchiati, denutriti o abbandonati.
E se non fosse solo quello? Se il maltrattamento andasse oltre alla violenza fisica?
Pensiamo ai cani: è evidente quanto la nostra predisposizione all’accudimento ci influenzi nella cura e nella gestione del nostro amico a quattro zampe. Ci comportiamo come se fosse nostro figlio, gli parliamo con una vocina simpatica, lo viziamo, gli compriamo giochi e lo coccoliamo quando pensiamo che ne abbia bisogno. Nulla di sbagliato fino ad ora ma a tutto c’è un limite e, una volta superato quel limite, la linea sottile che divide amore e maltrattamento tende a sfumarsi fino a scomparire.
Amore è assicurarsi che il nostro cane non soffra il freddo (magari anche coprendolo con un impermeabile), maltrattamento è comprargli cappottini, pantaloni e scarpette abbinate. Amore è non forzare il nostro cane alla troppa attività fisica, maltrattamento è costringere un cane sano in un passeggino privandolo di tutto ciò che una passeggiata può offrirgli.
Gli esempi potrebbero essere infiniti.
In tutto ciò la nostra predisposizione biologica a provare amore istintivo per tutto ciò che assomiglia a un cucciolo complica tutto e alimenta un altro tipo di maltrattamento, quello genetico. La nostra passione sfrenata per cani come bulldog francesi o carlini ha una spiegazione scientifica: ci piace ciò che ricorda un bambino (muso tondo, occhi tondi, goffaggine nei movimenti). Questa nostra tendenza biologica ci ha portato a modificare geneticamente animali del tutto sani, rendendo la loro vita un inferno. I cani che tanto ci piacciono, proprio per piacerci, convivono tutti i giorni con gravissime malformazioni respiratorie (date dal muso schiacciato e tondo), limitazioni nel movimento e seri impedimenti nelle attività di tutti i giorni.