Ciro Cascone è il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Milano, la procura che ha accusato i tre minorenni arrestati questa mattina dalla polizia della questura di Como di rapina e tentata rapina ai danni di altri giovani nel quartiere di Rebbio, prima periferia di Como.
Le ordinanze, che hanno portato in carcere minorile i tre giovanissimi, sono state emesse dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Milano su richiesta della Procura minorile.
Da quando è ai vertici della Procura per i Minorenni di Milano Cascone ha visto con i suoi occhi quello che porta a delinquere i giovanissimi e ha compreso il substrato sociale in cui queste devianze nascono e si nutrono.
“Per prima cosa vorrei precisare che ritengo del tutto inappropriato il termine baby-gang. In questo caso, come in quelli che ho avuto modo di conoscere in questi anni, preferirei si parlasse di bande giovanili. Veri e propri agglomerati liquidi da cui si entra e si esce con molta facilità. Il dato più eclatante è la bassa scolarizzazione di questi ragazzi che abbandonano troppo presto la scuola e vengono lasciati soli. Abbiamo davanti a noi dei “bimbi perduti” che hanno ancora una chance di recupero paradossalmente proprio grazie al loro arresto”.
I minorenni che manifestano questi comportamenti devianti, secondo il dottor Cascone, manifestano comportamenti aggressivi e prevaricatori che hanno come ultimo intento l’umiliazione della vittima, quasi sempre un coetaneo.
Si tratta di episodi connotati da un altissimo grado di trasversalità e che si trovano nelle città ricche del nord Italia, Milano, Como, Varese, come nel resto del Paese senza alcuna eccezione.
“Dispersione scolastica, disagi familiari e senso di insoddisfazione totale, per non aver trovato uno scopo nella loro giovane esistenza, non fanno che accentuare la propensione a delinquere e a voler mettersi in mostra. Tendono a “ufficializzare” la propria “forza e superiorità” rispetto ai coetanei”, spiega il procuratore della repubblica Cascone.
“In questi gruppi c’è sempre un leader, un primus inter pares, che si mostra come un trascinatore verso i giovani “colleghi” gregari. Questi ragazzi non sono abituati a pensare e a riflettere prima di agire. Possiamo dire che passano direttamente dal pensiero all’azione – spiega Cascone – spesso senza rendersi nemmeno conto della gravità delle loro azioni”.
“Il carcere minorile deve essere un’ultima chance e deve rappresentare un vero e proprio percorso di rieducazione – conclude il procuratore – mi auguro che un giorno uno di loro possa scegliere di diventare un educatore. Non sarebbe di certo la prima volta”.