Elenchi telefonici, giusto o sbagliato pagarli ancora?

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Ci pensate mai agli elenchi telefonici?! Stiamo parlando di quei grandi libroni polverosi che tutti noi possediamo, diventati orami quasi un reparto archeologico.

La domanda che ci poniamo è la seguente: nel terzo millennio si può ancora parlare di elenchi telefonici e del loro pagamento?

Un articolo, pubblicato da Huffpost, si è posto lo stesso dilemma analizzando la situazione nel dettaglio.

Nel Bel Paese quante persone sanno che devono pagare un corrispettivo, ogni anno, per utilizzare il vetusto elenco telefonico? Stiamo parlando delle Pagine bianche, un volume grande quai quanto un’enciclopedia, di cui oggi giorno possiamo davvero farne a meno.

Il motivo è più semplice del previsto da spiegare. Grazie a internet, ai social e agli smartphone, nessuno di noi, salvo la generazione dei nostri nonni, ha la reale necessità di utilizzare l’elenco telefonico appartenente ormai ad un’altra era.

Ma c’è di più, forse in pochi sapranno che si può chiedere espressamente di non essere più inseriti negli elenchi telefonici per evitare soprattutto le chiamate, che puntualmente arrivano durante l’ora del pranzo e/o della cena, e vivere in serenità.

Gli elenchi telefonici continuano ad essere stampati e pagati dai cittadini. Perché? Alla questione aveva messo mano anche il legislatore qualche anno fa, era il 2012, con un decreto legislativo che “esclude l’invio dell’elenco del telefono dagli obblighi di fornitura da garantire alla collettività, esso viene ancora prodotto e inviato all’insaputa degli abbonati, o meglio viene fatto pagare all’insaputa degli utenti”, riporta Huffpost Italia.

Di mezzo ovviamente c’era anche lo zampino dell’Autorità garante della Privacy che sanciva come no più un obbligo il comparire o meno sugli elenchi telefonici. Il garante lo definì un servizio opzionale che può essere revocato secondo la volontà di ogni singolo cittadino.

Secondo Huffpost “ogni anno agli utenti Tim viene addebitato in bolletta il costo dell’elenco sotto la voce “corrispettivo annuo consegna elenchi telefonici” al costo di 3,90 Iva al 22% inclusa”.

Il risultato: la grande maggioranza dei cittadini non si accorge di acquistare l’elenco telefonico in bolletta perché non vedono addebitata la spesa sul proprio conto corrente.

“È stato calcolato che ogni anno le aziende telefoniche addebitano questo servizio ad oltre 20 milioni di italiani – spiega Huffpost Italia – quindi riescono a ottenere, da questa furbizia, un guadagno netto che oscilla tra i 40 ed i 60 milioni di euro. E lo Stato in tutto questo incassa il 22% di Iva. Una palese fregatura sulla pelle del consumatore.”

E il cittadino cosa deve fare? Deve accorgersi dell’addebito e chiamare e/o scrivere, spesso inviando una raccomandata, al proprio gestore peer chiedere il rimborso e dichiarare di non voler ricevere l’elenco del telefono. Ma c’è di più, questo iter andrebbe ripetuto ogni anno.

“Una guerra impari, infatti l’Agcom, Autorità garante per le Telecomunicazioni, aveva irrogato delle sanzioni alle principali compagnie, stabilendo anche dei rimborsi per i cittadini a cui erano stati “rubati” quei giorni di fatturazione anticipata”, continua Huffpost.

Il risultato? Le sanzioni totali irrogate alle compagnie telefoniche ammontavano quasi a quattro milioni e mezzo di euro circa.

In conclusione sembrerebbe che per sottoscrivere u nuovo contratto basti una semplice telefonata mentre per fare una disdetta ci sia bisogna di una raccomandata e di una trafila che farebbe perdere la pazienza persino a un Santo.

Ora non ci resta che sperare che il nuovo governo, guidato dal premier Mario Draghi, tra il l’emergenza Covid e altri mille incombenze da vagliare si ricordi anche di tutelare i consumatori e per riconsiderare la questione degli elenchi telefonici.

Fonte Huffpost Italia

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