Si riparte anche a Como! Come riadattarsi alla ripresa della quotidianità?

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Eccoci tornati alla routine quotidiana!

Tutti siamo alle prese con il lavoro, la scuola e gli impegni soliti, ma i vissuti di ognuno sono differenti.

C’è chi non vede l’ora di ricominciare, motivato magari da un cambiamento o dall’inizio di nuovi progetti professionali o scolastici, chi è entusiasta di portare avanti i precedenti e chi invece avverte senso di disagio e tensione nell’affrontare la quotidianità.

Nonostante ci si sente riposati e ricaricati può capitare di essere sopraffatti da un senso di sconforto e ansia, se si pensa di tornare alle quotidiane attività.

Ma come si può definire l’ansia? Questa, di per sé è funzionale, poiché è una “risposta emozionale fisiologica corretta ad uno stimolo percepito come minaccioso”.

Tuttavia, ciò che fa la differenza nel rendere tale risposta adattiva in disfunzionale, è la percezione soggettiva dello stimolo (non più percepito come neutro ma pericoloso in base ai propri vissuti), se diventa pervasiva (perdura nel tempo, si ripete nella stessa circostanza o in circostanze diverse), interferisce col funzionamento (mettendoci in scacco e impedendoci di svolgere le normali attività) e non ci si sente più in grado di gestirla. Ad esempio ci blocca nell’affrontare un esame o un compito lavorativo, o entrare a scuola o in altro contesto sociale, oppure fronteggiare una persona o una relazione.

Le circostanze in cui avvertiamo l’ansia possono essere le più svariate: in relazione all’ambito lavorativo, relazionale, scolastico, familiare, sociale, ecc.

Come ci accorgiamo della sua presenza? I sintomi possono essere diversi: fisici (tachicardia, dolori al petto, sudorazioni, tremori, disturbi gastrointestinali, difficoltà respiratorie, ecc), psichici (paura di perdere il controllo, paura di morire o di impazzire, ecc), cognitivi (difficoltà di concentrazione e di memoria), che talvolta possono evolvere in veri e propri attacchi di panico.

Quindi l’ansia non sempre è negativa ma considerata come campanello di allarme di un malessere interno o relazionale.

È importante saper riconoscere questi sintomi, escludendo la presenza di una patologia organica, per poter agire il più presto possibile.

Come afferma Cesare Pavese “non ci si libera di una cosa evitandola, ma soltanto attraversandola”.

In alcuni casi infatti, si può evitare di incorrere in psicofarmaci, come ansiolitici, ma affrontare un percorso di supporto psicologico o di psicoterapia rivolgendosi allo psicologo. Come possono aiutarci i colloqui psicologici?

Lo psicologo, non più considerato “lo specialista dei pazzi”, è il professionista che aiuta la persona che presenta un tipo di disagio, psicologico o relazionale, ad riconoscere l’origine, il senso e le modalità per fronteggiarlo. Nel caso dell’ansia, individuare le cause e i significati, divenirne consapevoli, imparare a conoscere il proprio modo di funzionare e sviluppare le proprie potenzialità, permetterà di comprenderla e gestirla al meglio e avvertire, di conseguenza, un miglioramento dei sintomi. L’ansia infatti è la punta dell’iceberg, al di sotto della quale possono sottendere ulteriori disagi correlati (bassa autostima, insicurezza, ecc); lavorare su questi aspetti più radicali può rappresentarne il punto di svolta.

A cura di Dott.ssa Annanisia Centra, Psicologa

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